Il vitigno Sangiovese ha origini molto antiche. Come tale è conosciuto fin dal 1500, ma la sua origine è molto probabilmente etrusca, in particolare sembra provenire dalla zona a nord del Tevere e a sud dell’Arno, da cui poi si sarebbe diffuso oltre l’Appenino, fino ad interessare le colline romagnole ed emilliane. L’origine del nome è ancora più incerta, si va dall’ “uva sangiovannina” con riferimento alla sua maturazione precoce, al termine francese “joueller” derivato dal latino “jugalis” cioè aggiogare, in questo caso “fissare a dei sostegni”. Per altri sembra che debba il suo nome al termine Sangue di Giove con cui gli Etruschi lo indicavano in epoca antica, attorno al VII secolo avanti Cristo, in segno di ringraziamento alle divinità per questo frutto della terra. Successivamente sembra però che i Romani utilizzassero lo stesso termine per indicare un vino prodotto nella zona del Monte Giove nell’attuale comune di Santarcangelo di Romagna, vicino al Rubicone. Ma altre fonti scritte del XVI secolo lo vogliono descritto con il nome di Sangiocheto o Sangioveto, un vitigno produttivo e di alta qualità che venne menzionato ne La coltivazione delle viti da Giovan Vettorio Soderini. Successivamente si è attribuito il nome di Sangiovannese per descrivere un vitigno proveniente da San Giovanni Valdarno. La prima legge a tutela del vitigno, ormai radicato e fondamentale nel territorio toscano, fu emanata nel 1716 dal Granduca Cosimo III de’ Medici, per porre delle regole di protezione e produzione del vino Sangiovese nel Chianti, a Pomino, a Carmignano e e nella zona del Valdarno. Nell’ottocento era alla base del vino del Barone Ricasoli che bilanciava il suo duro Chianti con del Canaiolo.

Più chiarezza è stata fatta dalle analisi del DNA che lo vedono invece legato ai vitigni dell’Italia meridionale, campani e calabresi in particolare.

Il Sangiovese viene classificato in diverse varietà per grandezza del grappolo e degli acini tra cui le due più importanti sono il Sangiovese Grosso e il Sangiovese Piccolo, con il primo utilizzato in quasi tutte le produzioni importanti, più vigoroso, produttivo e qualitativamente superiore.

Il Sangiovese è vigoroso ma difficile da coltivare perché, anche se si adatta bene a diversi climi, ha un certa sofferenza per quelli freddi ed umidi. Anche dal punto di vista del terreno non ha particolari esigenze ma sembra che preferisca quelli poco fertili e calcarei, dove fornisce i risultati migliori, con temperature calde e ambienti secchi.

Generalmente il Sangiovese presenta grappoli di medie dimensioni, molto allungato e di forma conica. Gli acini del tipo Grosso sono di dimensioni medio-grandi, mentre quello del Piccolo ha dimensioni chiaramente piccole, entrambi . La buccia ha altissime concentrazioni di pruina, con colori viola tendenti al nero. L’altra grande famiglia del Sangiovese è quella del Sangiovese di Romagna, coltivata nella regione limitrofa con buoni risultati ma non certamente paragonabili a quelli ottenuti in Toscana. Qui trova molte superfici vitate, paragonabili a quelle del diffusissimo Lambrusco, un simbolo dell’Emilia-Romagna. Questo Sangiovese è abbastanza diverso da quello toscano, ed è coltivato soprattutto per elaborare vini semplici, da tavola e per il consumo quotidiano anche se nell’ultimo decennio c’è stata una spinta a migliorarlo per arrivare a qualità superiori.

Vi sono numerosissimi cloni del vitigno Sangiovese è come se si parlasse di una grande famiglia diversificata che tutt’ora ammonta a circa 40 cloni ufficialmente omologati e utilizzati. Queste varianti possono essere ricondotte a due grandi tipologie: una ad acino grosso che comprende le qualità maggiormente coltivate in Toscana (Brunello Montalcino, Montepulciano, Chianti) e una ad acino piccolo coltivata prevalentemente in Emilia Romagna e nelle altre regioni, anche se entra a far parte del disciplinare di produzione del Morellino di Scansano, noto rosso toscano. In Umbria fornisce la base nel pregevole Torgiano e nel Montefalco, mentre nelle Marche è parte essenziale del Rosso Piceno e del Rosso Conero. Nel Vino Nobile il Sangiovese muta nel Prugnolo Gentile, ma si tratta dello stesso vitigno.

Il Sangiovese si presta bene sia a produrre vini giovani e di pronta beva, molto colorati visto la notevole quantità di antociani presenti nella sua buccia, sia alla produzione di vini più longevi che, per mezzo della maturazione in botte, riescono a smorzare la sua spiccata e caratteristica acidità e la sua ben nota tannicità, rendendolo così un vino molto apprezzato e complesso.

Alla vista può presentarsi di colore rosso rubino intenso specialmente nei sangiovesi più giovani, mentre dopo un lungo invecchiamento si può giungere fino a tonalità granate o aranciate.

Gli aromi del Sangiovese sono prevalentemente orientati ai frutti rossi e neri tra cui spiccano amarena, fragola, mora, prugna e mirtillo. In base alle modalità di coltivazione e di maturazione dell’uva può possedere anche aromi floreali, specialmente quello di violetta e di rosa.

Inoltre se il vino, dopo la fermentazione alcolica, viene fatto maturare in botti (in francese chiamate barriques), potranno essere espressi aromi terziari tostati e speziati, tanto più intensi quanto più il vino è tenuto a contatto con il legno.

Un vino unico, solo per carni importanti come i migliori brasati di manzo, i filetti al pepe rosa.