Il Lacrima è un vitigno rosso autoctono marchigiano che oggi trova la sua zona d’elezione nel comune di Morro d’Alba in provincia di Ancona, ma in passato era diffuso in tutte le Marche e in molte aree dell’Umbria, della Campania e della Puglia. Lentamente il Lacrima ha perso di importanza in quasi tutti i territori che occupava, fino a rischiare anche la scomparsa durante il secolo scorso, trovando rifugio solo nell’attuale area di produzione, grazie soprattutto alla protezione della propria denominazione d’origine istituita nel corso degli anni Ottanta. Altro fattore fondamentale che ha determinato il salvataggio del vitigno è stato un generale miglioramento dei sistemi di allevamento adottati dai viticoltori che sono riusciti in questo modo a portare il vitigno a livelli qualitativi prestigiosi. Dato il suo legame con questo territorio viene chiamato anche con il sinonimo di Lacrima di Morro d’Alba e per la colorazione che fornisce al vino anche con quello di Lacrima Nera. Attualmente copre poche estensioni vitate anche in Toscana, Romagna, Puglia e Campania, ma si tratta di pochissimi ettari che hanno resistito al suo sradicamento, poco incisivi nella produzione. Il vitigno ha mostrato alle analisi genetiche delle parentele con l’Aleatico.

A testimoniare l’antichità di questo vitigno vi sono documenti datati al 1167, descrittivi dell’assedio di Ancona e del campo base dell’assediante Federico II a Morro d’Alba, in cui veniva servito il vino locale. Nelle Marche il disciplinare di produzione limita geograficamente le coltivazioni ai soli comuni di San Marcello, Monte S.Vito, Ostra e Belvedere Ostrense. Come detto durante i secoli il vitigno ha perso sempre più d’importanza, nonostante avesse in passato una dimensione nazionale, per passare sempre più ad una dimensione locale e molto ristretta fino al rischio d’estinzione, evitata solo negli anni Ottanta con la denominazione di origine controllata, ottenuta grazie alla volontà di alcuni viticoltori di Morra d’Alba e in particolare della famiglia Mancinelli, decisa a scommettere sulla qualità del vitigno. È a questa azienda che si deve forse l’approvazione della denominazione d’origine e al rinnovato interesse per il suo vino di grande qualità. L’etimologia del nome invece si riferisce alla caratteristica degli acini che soffrono di colatura nel corso della maturazione a causa della fragilità delle bucce, che nonostante uno spessore piuttosto consistente, hanno frequenti rotture, provocando una lenta “lacrimazione” appunto, del succo interno agli acini, e fornendo il nome al vitigno.

Curiosità desta il nome che deriva dalla caratteristica colatura del succo dagli acini durante la maturazione, dovuta a bucce spesse ma estremamente sensibili che si rompono con facilmente. Questa colatura, lenta e a gocce, fornisce appunto l’idea di una lacrimazione dell’uva, da cui il nome Lacrima. Un tempo questo fenomeno dava la sensazione che le bacche soffrissero di una qualche malattia, mentre oggi gli studi hanno escluso quest’ipotesi, confermando solo una certa fragilità delle uve. Inizialmente si pensava che il nome Lacrima fosse dovuto ad una presunta origine iberica con accostamenti con il Lacrima spagnolo, tesi oggi sconfessata. Al di fuori delle Marche, la regione che sfrutta maggiormente il vitigno, anche se sempre in assemblaggio con altre uve, è la Campania dove è presente la denominazione Lacrima di Napoli, molto conosciuta. Il vitigno deve però condividere la vinificazione con le uve locali, e comunque il suo utilizzo si è molto ridotto rispetto al passato, quando era un vitigno di maggioranza insieme all’antichissimo Mangiaguerra e all’altrettanto antico Aglianico. Il vitigno si segnalava per colori molto densi rispetto ai due coltivati negli stessi vigneti. Il Lacrima era un vino ben considerato, ma utilizzato nel consumo quotidiano da tavola. Era consuetudine in queste aree assicurare i tralci a dei tutori con dei legacci.

Il vitigno ha grappoli di grandezza media a forme piramidali, a spargolo, dotati di ali. Gli acini sono anch’essi di medie dimensioni, rotondi con le bucce già descritte poc’anzi nella caratteristica della lacrimazione. Il colore è un blu molto scuro, quasi nero. Nonostante la sua sofferenza alla botrite, al marciume e ai parassiti, il vitigno dimostra un’ottima vigoria e delle produzioni sopra la media, anche se molto legate nella regolarità all’andamento climatico annuale. Il Lacrima infatti dimostra una forte sofferenza anche alle variazioni climatiche, variando di molto le sue rese nei vari anni. Il Lacrima è un vitigno difficile da coltivare, bisognoso di drastiche e numerose potature. Trova un microclima favorevole sulle zone collinari situate tra Morro d’Alba e Senigallia, dove la sua coltivazione sembra essere antichissima. Questa dovrebbe essere la zona originaria del vitigno, in cui la presenza dell’uomo è attestata dai reperti archeologici già durante il paleolitico. Nell’epoca romana l’area era una famosa località per i ricchi villeggianti dell’impero, mentre con il crollo della civiltà romana si trasformò in un importante cittadina gotica sotto Teodorico e in un potente comune durante il Medioevo, con il un castello dominante. I dintorni sono disseminati di grotte sfruttati in passato come cantine naturali e magazzini agricoli. Oggi naturalmente il tutto si svolge in moderne cantine, ma la tecnica più interessante che ha regalato qualità al vino è la vendemmia lunga e la micromacerazione che consente la conservazione degli elementi organolettici da riversare nel vino.

I vini hanno bei colori rubino pieno, gamme olfattive complesse e aromatiche con palati asciutti, delicati nei gusti. Ottima la struttura tannica e il corpo pieno, supportati da un grado alcolico di spessore.  Il naso comunque si concentra generalmente su aromi di frutta e fiori, con particolare indicazione per i frutti rossi, quali more di rovo, ciliege e mirtilli, con delicate profumazioni di fragole. Nella gamma floreale l’indirizzo è tutto sulla viola, con alcune eccezioni di particolare pregio dove compaiono i profumi delle rose. Il palato risulta spesso fresco e di pronta beva, sempre abbastanza morbido.

 Gli abbinamenti in tavola sono molto sfiziosi, con il vino che in gioventù si accompagna perfettamente con i salumi e la carne rossa alla griglia. Ottimo anche accanto ai primi al sugo o con i formaggi freschi. Invecchiando il vino impreziosisce l’accompagnamento con la selvaggina, sia in umido che arrosto, o con formaggi di rango.