Il vitigno Cornallin, ritenuto autoctono valdostano, sembra provenire dalla Borgogna dalla quale fu introdotto verso la fine del ‘700. Come quasi tutti i vitigni valdostani, è stato per la prima volta citato da Lorenzo Francesco Gatta nel 1838 nella sua pubblicazione “Saggio intorno alle viti e ai vini della Valle d’Aosta”, e fino alla prima metà dell’800 era uno dei vitigni più diffusi nella regione. Nei tempi recenti, molte varietà locali a bassa diffusione (Cornalin, Mayolet, Vuillermin, Premetta), hanno fortemente rischiato l’estinzione. Fino alla fine degli anni ’80 il Cornalin sopravviveva solamente in qualche vigneto secolare, ormai dimenticato, sconosciuto o confuso con il Petit rouge. Alla fine degli anni ’80, l’dell’Institut Agricole Régional di Aosta si è fatto promotore del recupero delle varietà autoctone minori, tra cui anche il Cornallin. Da allora grazie ad alcuni lungimiranti viticoltori  è tornato a far parte integrante del patrimonio viticolo valdostano.

Come ogni vino che si rispetti, anche il Cornalin deve seguire delle regole affinché possa esprimere al meglio le proprie qualità. Innanzitutto è doverosa la giusta quantità di uve da utilizzare. Per la produzione del Cornalin si necessita dei seguenti vitigni: le uve omonime Cornalin, il cui impiego rientra in una quantità dell’85% ed. inoltre, è prevista anche l’aggiunta di altre uve a bacca rossa sempre della zona valdostana. Ovviamente, la coltivazione di questi vigneti deve avvenire in zone alte dove c’è la costante presenza dei raggi solari in modo da poter garantire una giusta e moderata maturazione delle uve. Anche i terreni svolgono il loro ruolo fondamentale per la riuscita del vino e, infatti, sono esclusi terreni che abbiano un suolo umido e scarsamente soleggiato, deve essere di origine morenica. Infine, un aspetto determinante è ricoperto dal clima, il quale con le sue caratteristiche, ovvero le temperature invernali rigide, le estati con temperature poco elevate e le precipitazioni basse con una relativa umidità, consentono una buona riuscita delle uve favorendo così la viticoltura di questi vigneti.

Il vino si presenta di colore rosso rubino, impenetrabile e di buona concentrazione. Al naso apre esuberante, dotato di sensazioni di fragolina di bosco e ciliegia, poi singolari note agrumate di arancia, bel floreale di violetta e rosa rossa, chiude con soffi vegetali e speziati di pepe nero. La bocca è calda, ben strutturata, buona la morbidezza in ingresso, bilanciata poi nel finale da una gradevole presenza acida. Fermentazione e maturazione in acciaio. Su un polpettone di manzo alle erbe e su un piatto tipico come la Carbonada.