Il Coda di Volpe è un vitigno a bacca bianca autoctono della Campania, che deve il suo nome alla lunga parte bassa e tozza del suo grappolo somigliante appunto alla coda del canide, che si stacca dalle ali senza nessun raccordo tanto da dare al grappolo una forma a “T”. Il vitigno è molto antico, risalente all’epoca romana e descritto nell’Historia Naturalis di Plinio il Vecchio come uva da taglio. Fu solo a partire dal 1985 che il vitigno iniziò ad essere vinificato in purezza, mentre in assemblaggio il Coda di Volpe riesce a spegnere la forte acidità che i terreni vulcanici forniscono al vino.

La vinificazione in purezza fu sperimentata con successo da Domenico Ocone e Luigi Pastore, grazie a vendemmie anticipate per la conservazione dell’acidità e a soffici pressature, limitando le rese. Oggi il Coda di Volpe viene coltivato in quasi tutta la regione, e fa parte di numerose denominazioni di origine DOC campane. Il vitigno si presenta con i grappoli di grosse dimensioni, con densità a spargolo ma anche serrato, con la forma piramidale a strozzatura descritta sopra, e le due grandi ali.

Le bacche invece sono di piccole dimensioni, sferiche con bucce spesse e gialle, molto concentrate in pruina. Le rese sono medie, ma vengono tenute spesso basse per le vinificazioni in purezza, mentre d’altra parte ha bassa vigoria con qualche sensibilità alle avversità. La vendemmia viene praticata nelle ultime due settimane di settembre. La sua terra prediletta è l’Irpinia, dove trova le condizioni più favorevoli, su colline di media altitudine con buone esposizioni solari. Anche nel Tiburno trova ottime condizioni, sia per l’altitudine che per la tipologia del terreno, vulcanico con buona presenza di argilla, sempre in buona esposizione. Viene conosciuto anche con i sinonimi di Caprettone, Coda di Caprone ed altri. Le bacche hanno alte concentrazioni zuccherine, per questo motivo viene vendemmiato in anticipo, in modo che l’acidità sia ancora presente nel vino. Questa caratteristica lo rende anche un ottimo vino da taglio per uve particolarmente acide.

In assemblaggio come detto, aiuta il vino ad abbassare le acidità troppo forti che spesso il suolo vulcanico campano fornisce ai suoi vini. In purezza riesce a fornire delle discrete gradazioni alcoliche, con bei colori dorati o paglierini e buone profumazioni, leggere e delicate. In genere il palato è amabile in gioventù, ma già dopo il primo anno si avvicina al secco. La struttura del corpo è leggera, a volte sapida e leggermente piccante. Chiaramente poco acidi, i vini del Coda di Volpe furono dapprima sperimenti con affinamento in legno, poi si decise per quello in acciaio, migliore e che lasciava inalterate le caratteristiche del vino, a differenza del rovere che invece tendeva a coprirle senza aggiungere migliorie.

Raramente viene invecchiato, anche se alcuni produttori, tra i quali Moio, ottengono ottimi invecchiamenti, anche in botte. I vini del Coda di Volpe trovano molti abbinamenti con la cucina campana, ma anche con il sushi giapponese o con le tapas spagnole. Ottimi anche con paste e colature di alici, con i legumi e gli ortaggi da sgranocchiare, gli ortaggi da frutto e le minestre.

Nel Sannio il Coda di Volpe viene vinificato sia in versione secca e ferma che spumantizzato dolce, mentre lasciando le uve a maturare fino al termine del periodo  naturale, viene vinificato dolce e fermo, con un minimo di 14,5% vol.

Nel Tiburno il vino si avvantaggia del calcare vulcanico e dell’argilla, per vini freschi, anche spumantizzati. Viene allevato anche alle pendici del Vesuvio con buoni risultati e sotto il nome di Caprettone. Fa parte delle denominazioni di origine DOC Campi Flegrei Bianco, Greco di Tufo, Solopaca Bianco, Irpinia, Sannio Coda di Volpe, Taburno e Vesuvio Bianco.