L’effervescenza che rende così esuberanti i nostri spumanti non è una caratteristica nativa del vino. O meglio, prima si fa il vino, poi gli si regalano le bollicine. Come si fa? Esistono due metodi principali, il Metodo Charmat e il Metodo Classico.

Le tanto amate bollicine sono ottenute con due metodi : con il Metodo Champenoise, o classico, si ottengono, senza dubbio, le più raffinate ed eleganti; piacevoli al gusto, grazie alla presenza di freschi aromi fruttati, sono invece quelle prodotte dal Metodo Charmat o Metodo Martinotti.

Con lo Champenoise si produce lo champagne e, al di fuori della circoscritta ed elitaria area francese, anche i vari Metodo Classico (ottenuti quindi tramite la stessa tecnica ma che per ragioni legate alla territorialità, all’uvaggio e ai disciplinari non possono definirsi Champagne). Si tratta di una procedura messa a punto in Francia nel 1600, durante la quale, una lunga rifermentazione in bottiglia dona alle bollicine la loro inconfondibile finezza. Il processo è direttamente proporzionale: maggiore è il riposo maggiore sarà la raffinatezza del risultato finale. La presa di spuma è la fase cruciale del metodo dove il vino base viene fatto fermentare in cantina a temperatura e umidità costanti. È qui che i lieviti trasformano gli zuccheri in alcol etitico e anidride carbonica facendo iniziare il processo di spumantizzazione. Un lento evolversi che richiede pazienza ma che dona al vino finezza, struttura e complessità. La mano che lentamente compie un giro inclinando la bottiglia nelle pupitre (cavalletti in legno) è l’immagine icona di questo lungo processo, ne evoca il fascino quasi magico. Questa fase, detta Remuage, determina la lenta caduta dei residui verso il collo della bottiglia. Uno o due mesi più tardi, quando le bottiglie avranno raggiunto una posizione pressoché verticale, sarà possibile effettuare la sboccatura (Degorgement). Con appositi macchinari si congela il collo della bottiglia, vengono espulse le fecce congelate e la bottiglia è pronta per l’ultimo passaggio: occorre compensare il liquido fuoriuscito durante il Degorment con lo sciroppo di dosaggio (Liqueur d’Expedition), costituito da zucchero e vino, e poi tapparle nuovamente, questa volta in modo definitivo.

Il Metodo Charmat o Martinotti (il primo che a fine 1800 inventò il processo) è un procedimento di spumantizzazione molto più veloce rispetto allo Champenoise, che richiede solo alcuni mesi. Perché si chiama Charmat se a inventarlo fu l’astigiano Martinotti? Perché l’attrezzatura messa a punto da Martinotti fu brevettata dal francese Eugène Charmat nel 1910. Il vino, addizionato di lieviti e zuccheri, fermenta, in condizioni isobariche, all’interno di grandi contenitori detti autoclavi, in cui il cui grado zuccherino viene controllato attraverso la pressione. La spumantizzazione si completa prima dell’imbottigliamento: quando finiscono in bottiglia le Bollicine Metodo Charmat (o Martinotti) sono già pronte per essere bevute. Vini più immediati, dal perlage più grossolano ma non per questo meno piacevole, che mantengono marcati e riconoscibili sentori del frutto. La maggior parte dei Prosecco e il Moscato d’Asti sono ottenuti con tale tecnica. I prezzi decisamente più bassi, uniti alle tante grandi espressioni di qualità, hanno contribuito a far diventare gli spumanti Charmat tra i più amati ed esportati in tutto il mondo.

Differenza tra i metodi? Il Metodo Martinotti produce vini fruttati e aromatici, leggeri, ideali per l’aperitivo. Un esempio? Il Prosecco

Con il Metodo Classico si ottengono vini più strutturati, caratterizzati da bollicine più fini e persistenti. Non solo: la lunga fase di riposo dona al vino il sentore di lieviti e un corpo più deciso. I vini così prodotti sono adatti a tutto pasto, e non soltanto per brindisi memorabili. Champagne e Franciacorta sono i più noti esempi di vini prodotti con questo secondo metodo.