Il vitigno Verdicchio è presente soprattutto nelle Marche, sulle colline tra Jesi e Matelica, fin dalll’VIII secolo. Il suo nome, come avviene anche in molti altri casi (Verdeca, Verduzzo) deriva dal colore delle sue bacche. Recenti studi sul DNA hanno confermato la sua identità col Trebbiano di Soave e il Trebbiano di Lugana, cosa che ha aperto l’ipotesi che il Verdicchio introdotto nelle Marche da viticoltori veronesi attorno al 1400. Il Registro nazionale varietà di vite stabilisce l’identità di questi due trebbiani, ma li classifica autonomamente rispetto al Verdicchio, che in effetti se ne differenzia abbastanza, soprattutto dal punto di vista olfattivo. Anche il Trebbiano verde, diffuso nel Lazio, sembra coincidere col Verdicchio, non avendo tra le altre cose, una menzione autonoma nel Registro nazionale varietà di vite. Comunque il Verdicchio laziale è caratterizzato da maggiore produttività e minore qualità rispetto al suo antesignano marchigiano.

Da secoli si coltivano queste uve; numerose fonti concordano nell’affermare che i vini ottenuti da uve Verdicchio abbiano origini antichissime.
Quelli prodotti nella zona di Jesi pare risalgano all’VIII sec. a. C. e che fossero già noti agli antichi romani. La prima testimonianza scritta di un vino ricavato da queste uve risale al 410 d. C.
Il Verdicchio è sempre stato considerato un vitigno autoctono, le principali zone di coltivazione sono quella dei Castelli di Jesi (AN) e un’area più ristretta nel comune di Matelica (MC), entrambe contrassegnate dalla D.O.C, dove si producono gli omonimi vini che si differenziano per il maggior corpo che esibisce quello dei castelli di Jesi e per il ricco olfatto di cui è dotato quello di Matelica.
Con il termine “Classico” si designa un vino prodotto all’interno della più antica area di produzione; i comuni che ne fanno parte e che quindi possono vantare questa menzione sono quelli posti sulle vallate a ridosso del fiume Esino delimitate dalla linea che da Ostra- Arcevia scende a sud fino a Cupramontana- Apiro.

Le caratteristiche organolettiche di questo antico vino sono fortemente legate al territorio; nella zona considerata classica del Verdicchio, milioni di anni fa era presente un lago salato con fondale sabbioso, argilloso-calcaree, ricco di ferro e magnesio; nutrimento ancora oggi per i vigneti che lo “popolano”.

Le uve Verdicchio sono sempre caratterizzate da una sfumatura verdolina, anche a piena maturazione, alla quale si deve il nome del vitigno.

All’esame visivo, spesso il vino presenta lo stesso particolare cromatismo. Si ottengono da queste uve vini freschissimi, dal profilo aromatico estremamente complesso, e caratterizzati da un inconfondibile finale ammandorlato e sapido.

È un vino capace di invecchiare con grande eleganza come pochi altri bianchi in Italia, merito anche della grande struttura, acidità e dell’ elevato tenore alcolico.

Il Verdicchio viene definito da molti come un vitigno piuttosto eclettico; solitamente è vinificato in purezza e può essere apprezzato, senza perdere le sue principali caratteristiche, anche nella versione spumante, metodo classico o charmat; passita o vendemmie tardive.

Un grande vino ha 3 caratteristiche: è riconoscibile, longevo e capace di migliorare nel tempo. La precondizione invece è che sia buono, qualunque cosa questo voglia dire. Ci sono vini longevi ma poco riconoscibili e un po’ anonimi. Altri invecchiano ma non migliorano. Altri non sanno invecchiare e vanno bevuti giovani. E’ questo incrocio di variabili a rendere pinot nero, nebbiolo e riesling autentici vitigni di talento del mondo.
Il Verdicchio – di Jesi o Matelica al momento cambia poco, checché ne dica la letteratura del gusto – è un tesoro nascosto, poco avvezzo all’autocelebrazione come la gente che lo produce. Nelle 3 dimensioni suggerite, sembra eccellere in tutte: ha ottime doti di riconoscibilità soprattutto al naso, sa invecchiare e matura deliziosamente acquisendo complessità, armonia, spessore.

Sia che si scelga la vinificazione in acciaio che si preferisca la vinificazione in legno, il Verdicchio ha il potenziale per produrre vini di grande longevità, che nelle annate favorevoli possono anche superare i 20 anni; concretamente, però, solo poche etichette sono capaci di sopportare un tale invecchiamento, anche perché la maggior parte delle cantine è più orientata alla produzione di vini immediatamente godibili.

Come detto, il Verdicchio di Matelica è il primo vino DOC delle Marche; oggi se ne riscontrano tre varianti, ovvero il Verdicchio di Matelica, la versione Verdicchio di Matelica spumante e infine il Verdicchio di Matelica passito. La scelta della base ampelografica è riposta nella varietà autoctona Verdicchio, dalla quale da disciplinare deriva per almeno l’85% il vino finito. Sempre il disciplinare di produzione individua le caratteristiche principali, vale a dire colore paglierino tenue, dalla limpidezza brillante; un odore delicato e caratteristico; un sapore asciutto, armonico, ma con prevalenza di un retrogusto gradevolmente amarognolo. Esiste poi anche la tipologia Verdicchio di Matelica riserva, riconosciuta a marchio Docg.

Simile, ma non identico al precedente è il vino prodotto nell’altro terroir regionale, che ricade nella denominazione generale di Verdicchio dei Castelli di Jesi DOC, da cui derivano le versioni Verdicchio dei Castelli di Jesi spumante, Verdicchio dei Castelli di Jesi passito, Verdicchio dei Castelli di Jesi classico e infine Verdicchio dei Castelli di Jesi classico superiore. Come da disciplinare, il colore deve essere giallo paglierino tenue, l’odore delicato e caratteristico e infine il sapore asciutto, armonico, con retrogusto gradevolmente amarognolo.

Il Verdicchio è un vino bianco corposo e strutturato, anche nelle sue versioni più fresche e giovani. Idealmente va bevuto pertanto a temperature tra gli 8 e i 10°C, anche 12°C nel caso delle riserve. Le bottiglie vanno aperte almeno una mezz’ora prima della degustazione nel caso delle Riserve, per dare il modo al vino di ossigenarsi e di perdere eventuali note riduttive. Per gli spumanti prediligeremo temperature più basse, tra i 6 e gli 8°C e useremo sia gli stessi bicchieri da vino bianco a luce ampia che, a scelta del degustatore, le tradizionali flûtes. Le versioni passite sono degustate al meglio a circa 10°C in calici appositi a stelo lungo.

Il Verdicchio può essere considerato uno dei migliori vini da pesce, in versioni grigliate, gratinate o al cartoccio. Si abbina anche a triglie in guazzetto, roast-beef ed insalate di pollo. Le versioni Riserva del Verdicchio ed in generale quelle fermentate e affinate in legno hanno una morbidezza ed una struttura che le rende adatte all’abbinamento alle portate di carni bianche, anche in preparazioni particolarmente strutturate.  Le versioni passite del Verdicchio sono adatte all’abbinamento con pasticcini con frutta candita o secca.