Il vitigno Teroldego sembra essere arrivato in Trentino dalla Valpolicella, dove la varietà era conosciuta col nome Tirodola. Alcuni ritengono che il nome Teroldego derivi invece da “Tiroler Gold”, avvalorando quindi un’origine tirolese per questo vitigno. E’ certo, tuttavia, che l’origine del nome derivi da un toponimo: infatti esiste la località Teroldeghe, del comune di Mezzolombardo e il vino risulta menzionato in numerosi atti notarili, già a partire dal 1480.

Si coltiva solo nella zona del Campo Rotaliano, in Trentino, che si trova nella Valle dell’Adige. Per questo motivo viene chiamato più specificatamente Teroldego Rotaliano.

La prime menzioni storiche certe compaiono nei lavori di Pollini e nel classico di Acerbi ai primi dell’ottocento, e poi successivamente negli Annali dell’Agricoltura del Regno d’Italia una volta unificata l’Italia, nel tentativo da parte del nuovo stato italiano di mettere ordine e di dare un’identificazione botanica a tutte le specie italiane. Nel 1894 comunque Mach riuscì a dare una prospettiva esaudiente alla necessità di conoscere questo splendido vitigno che geneticamente trova delle similitudini con il grande Lagrein, il sontuoso Syrah e il Marzemino. Si presenta con dei grappoli di dimensioni medio-grandi, lungo e piramidale, molto alto e di compattezza media. I chicchi sono sferici e di media grandezza con le bucce spesse e ben pruinose, blu scuro tendenti al nero. Viene coltivato su terreni ben drenati, leggeri, con sistemi di allevamento lunghi per la ricerca del sole. Tra i vantaggi che offre ci sono delle rese alte e costanti, mentre tra gli svantaggi si segnala una certa sofferenza alla peronospora e all’oidio, attacchi frequenti dei ragnetti, e sofferenza sia al disseccamento che al marciume nei periodi particolarmente umidi.

Il Teroldego è un ottimo vitigno da vinificare in purezza o assemblare con altre uve per dar luogo ad ottimi vini del Trentino. Riesce a fornire vini dal colore profondo, fruttati e vivaci, con poca concentrazione di tannini e ma una buna acidità, da bere in gioventù e non da invecchiamento.

Nell’impianto olfattivo regala anche intense sensazioni floreali, con la viola che si immerge in nette note di ciliegie e lamponi spesso finite con sentori dolci di mandorla. Non esprime, se non raramente, speziature. Al palato risulta comunque morbido, ben secco grazie alla sua acidità con una chiusura leggermente amara. Va servito intorno ai 16-18 gradi centigradi e nei rari invecchiamenti si può arrivare anche a 20 gradi. Trova ottimi abbinamenti con la carne rossa, i formaggi di media stagionatura, gli arrosti e le carni alla brace.

Viene vinificato anche rosato, con gusti e abbinamenti simili ma più morbidi e meno saporiti.

Dal 1971 ha una sua denominazione di origine con vinificazioni anche nella tipologia Riserva e Superiore, mentre il rosato, sempre DOC, viene chiamato anche Kretzer.