Il vitigno Schiava grigia, ha origini quasi sicuramente in Slavonia, regione della Croazia compresa tra i fiumi Sava e Drava. Da queste regioni è stato importato in Italia, in un’epoca corrispondente a quella delle invasioni Longobarde, ossia attorno al tredicesimo secolo. Il nome è derivato dalla sua zona di origine, oppure, secondo un’altra teoria, dal fatto che fin dall’antichità queste vigne venivano coltivate in filari, e non lasciate libere come alberello. La famiglia delle “Schiave” comprende anche la Schiava grossa, la Schiava nera e la Schiava gentile. Tutti questi vitigni hanno in comune una certa rusticità (e quindi adattamento ai vari tipi di ambiente) e l’elevata produttività e la maturazione precoce. La sua diffusione in Italia è concentrata nel Trentino-Alto Adige e nella aree limitrofe di Lombardia e Veneto.

Fin dal Medioevo, la Schiava prodotta in Alto Adige fu esportata nei conventi e nelle corti della Germania meridionale, e ancora oggi, grazie alla sua struttura elegante, al basso livello tannico e alla gradazione alcolica moderata, è un vino rosso assai apprezzato, soprattutto se abbinato ai piatti tipici altoatesini.

La foglia media, pentagonale, trilobata o intera – grappolo medio, piramidale allungato, talvolta alato, spargolo – acino medio con buccia ricca di pruina di colore blu-violetto.
Dal vitigno Schiava Grigia solitamente si ottengono vini abbastanza scuri e profondi, con profumi fragranti e fruttati (frutti rossi freschi e maturi), spesso con note di viola e di mandorla. Il corpo è abbastanza sostenuto ma mai troppo solido, così come la carica tannica, favorendo un consumo facile, piacevole e appagante.

Concorre alle DOC Valdadige e Lago di Caldaro.