Il vitigno Sagrantino è coltivato nella zona di Montefalco sin dal medioevo. Le prime testimonianze datano all’anno 1100, e vi sono due diverse teorie sulla sua origine. La prima sostiene una sua provenienza dall’Asia minore, da dove è giunto in Umbria al seguito di frati francescani. La seconda lo ritiene di origine greca, e ad  importarlo sarebbero stati dei monaci bizantini. In ogni caso, la storia del Sagrantino è legata all’importanza delle comunità religiose in Umbria e sembra che anche il nome “Sagrantino” si riferisca al suo uso sacro durante le funzioni religiose, oppure al termine “sagrestia” per indicare i locali per il clero annessi alle chiese cattoliche. Ma la sua storia e autoctonicità potrebbero essere anche più antichi se la varietà detta Itriola descritta da Plinio il Vecchio nel suo Naturalis Historiae fosse l’attuale Sagrantino, coltivato con quel nome e nella stessa zona. Sicuramente difficile scoprire la soluzione al rompicapo, ma i monaci bonificarono la zona per piantare dei vigneti, anche se non è dato sapere se il degrado fu causato dalla scarsa manutenzione dopo la caduta dell’Impero Romano o fosse preesistente ad esso.  l documento storico più importante però è la legislazione del XV secolo a tutela del Sagrantino emanata dal comune che rappresenta forse il primo disciplinare al mondo, con norme che riguardavano tutta la produzione dalla coltivazione fino alla vinificazione. Per secoli comunque il Sagrantino ha rappresentato una risorsa importante e un vino rinomato per la zona di Montefalco, ma solo negli ultimi trent’anni la sua vinificazione si è orientata verso un prodotto secco, mentre prima questo vino veniva prodotto sempre nella tipologia dolce.

Si presenta con un grappolo di dimensioni medio-piccole, cilindrico e alato, a spargolo non molto denso. I chicchi invece sono di medie dimensioni, sferici, con bucce molto spesse e pruinose, di colore nero. Viene coltivato su terreni medi, con buona presenza di argilla e silicio. Questo vitigno predilige le colline e le buone esposizioni solari. Ha un’ottima resistenza al freddo, all’oidio e al marciume, caratteristica che lo rende adatto anche all’appassimento, ma patisce in modo particolare la peronospora.

Come detto il Sagrantino veniva prima vinificato dolce, e seppur con ottimi risultati, non riusciva ad esprimere quello che sta producendo negli ultimi 30 anni nella versione secca. In purezza offre dei vini sontuosi, ricchi, molto tannici, addirittura più di quel che offre il Nebbiolo, segnalandosi come un vino di livello internazionale.

I colori sono amaranto o rubino a riflessi viola, comunque con andamento al granato nell’invecchiamento. I profumi sono quelli del bosco e dei suoi frutti, con tocchi vegetali e speziati e a volte sfumature di fiori freschi. Al palato è vellutato, tannico ma morbido. Ottima persistenza, ideale per carni rosse arrostite e selvaggina. Nella versione passito naturalmente si fa dolce, ed è un ottimo fine pasto. Il Montefalco Sagrantino ha una sua DOCG dal 1992 dopo essere stato un Doc dal 1980.