Il vitigno Ruchè ha origini molto antiche, quasi sicuramente autoctone del Monferrato astigiano. Secondo alcuni è arrivato dalla Spagna, altri ritengono i suoi precursori provenienti dalla Francia, portato in zona da monaci che lo impiantarono attorno al monastero di San Rocco (oggi non più esistente) a Portacomaro. Questa sembrerebbe l’origine del nome, che secondo altri ricondurrebbe invece a “Rocche”, nel senso che il vitigno sembra prediligere le aree collinari più ripide.

Il vitigno si presenta con grappoli di dimensioni medie o medio-grandi, lunghi ed alati con densità a spargolo. Le bacche sono sferiche, di medie dimensioni e concentrazioni di pruina nella media su bucce coriacee e spesse. Il vitigno è molto vigoroso, con rese nella media costanti ma soggette spesso alle annate per quel che riguarda la fioritura. Viene coltivato in collina per ottenere dei risultati, con terreni leggeri e poco fertili, in modo da non accentuare la produzione di gemme e quindi aumentare le rese a livelli quantitativi che pregiudicherebbero la qualità. La presenza del calcare è molto gradita dal vitigno, che inoltre presenta buona resistenza alla siccità ed una predilezione agli ambienti asciutti e ben esposti, collinari appunto.

Come detto resiste abbastanza bene alle virosi, alla peronospora e alle muffe, ma soffre l’oidio. Ha problemi inoltre con le basse temperature e le correnti d’aria che danneggiano i germogli, mentre un altro pericolo è rappresentato dagli insetti, in particolare quelli del genere Vespa. Tra tutti i vitigni piemontesi allevati nell’Astigiano, il Ruchè è probabilmente quello meno diffuso.

È stato comunque riscoperto a partire dagli anni 80 del novecento, con vini di pregio anche se ancora rari. Attualmente infatti la sua zona di diffusione è limitata alla zona di Castagnole Monferrato e a quelle vicine, nell’Astigiano. La sua popolarità comunque è in netta ascesa, e non si esclude un futuro radioso per i vini del Ruchè.

Il Ruche è un vitigno che può essere vinificato in assemblaggio ma soprattutto in purezza, dove riesce a fornire vini di pregio, molto particolari, che stanno riscuotendo il favore degli appassionati dopo che per lungo tempo il vino fu impiegato esclusivamente nel consumo quotidiano delle famiglie.

Questi, in purezza, sono ricchi di polifenoli, che apportano colore e aromaticità. Il vino è quindi supportato da una buona struttura, ma anche da una buona concentrazione alcolica, che uniti agli intensi profumi, creano un prodotto di qualità.

Il colore è un rubino un pò scarico in cui fanno la loro comparsa sfumature porpora o viola nell’età giovanile, mentre con l’avanzare dell’invecchiamento i riflessi tendono all’arancio. Al naso l’apertura è tutta floreale, con le viole e le rose a scandire gli aromi poi leggermente fruttati. Il palato va dall’asciutto all’amabile, comunque sempre di struttura soffice e vellutata, con tannini levigati e le note olfattive che si ripetono in bocca. Un bel corpo di media solidità mantiene il vino a livelli qualitativi alti, supportati da una gradazione alcolica che parte dai 14% vol minimi delle varie denominazioni di origine che sono state approvate. Il Ruchè ha anche una sua denominazione propria, il Ruchè di Castagnole Monferrato DOC che prevede un impiego minimo del vitigno al 90 per cento. Negli abbinamenti il Ruchè trova ottimi connubi con i formaggi stagionati ed erborinati, con i primi di pasta all’uovo ripiena come gli agnolotti, ma anche con le carni rosse sia a lunga cottura, come lo stufato, che al forno, come gli arrosti. Ottimo abbinamento si trova anche con le carni bianche, in particolare lepre e pollo, specialmente speziate come i piatti al curry o alla senape. Nella versione amabile può essere servito con la pasticceria secca, mentre si sta affermando sempre più anche come vino da meditazione, da servire a 18 °C.