Vuole la leggenda che il mitico eroe greco Diomede, conclusasi la guerra di Troia, navigasse per il mare Adriatico fino a risalire il fiume Ofanto e lì, trovato il luogo ideale, vi ancorasse la nave con delle pietre delle mura della città di Troia che aveva portato con sé come zavorra, utilizzandole come cippi di confine per delimitare il territorio di quelli da quel momento si chiamarono i Campi Diomedei. Sempre la leggenda aggiunge che Diomede aveva portato con sé, come ricordo, quei tralci di vite che, piantati sulle rive dell’Ofanto, dettero origine all’Uva di Troia. Fin qui la leggenda che riecheggia anche in lavori di ampelografi (ad es., S. Del Gaudio e L. Ciasca, ‘Principali vitigni da vino coltivati in Italia”, 1960) che descrivono l’Uva di Troia come «originaria dell’Asia minore (Troia) e importata dagli antichi Greci in Puglia». Altre ipotesi, riferite ad un tempo più vicino, fanno derivare il nome dell’Uva di Troia dalla cittadina pugliese di Troia, appunto, in provincia di Foggia o, ancora, dalla città albanese di Kruja o Cruja (il cui nome sarebbe poi stato vernacolizzato in Troia) o, infine, dalla regione galizio-catalana della Rioja.

Il Nero di Troia è la terza varietà autoctona regionale per ettari vitati e per importanza commerciale insieme al Primitivo e al Negroamaro. Detto anche Uva di Troia o Vitigno di Canosa, è diffuso prevalentemente nella zona centro-settentrionale della Puglia.

Sebbene oggi esistano diversi cloni disponibili di Uva di Troia, si è soliti distinguere due biotipi molto diversi tra loro: la varietà di Barletta o di Ruvo e la varietà di Canosa. Mentre la prima presenta grappoli e acini di grandi dimensioni, leggermente spargoli, la seconda manifesta acini e grappoli più piccoli e di forma cilindrica. Il biotipo Canosa è molto difficile da trovare, sebbene siano in corso nuove sperimentazioni in quanto si ritiene possa dare ottimi risultati.
Dal punto di vista della viticoltura, non è di certo una cultivar facile in quanto è una delle ultime a raggiungere la maturazione ottimale (fine ottobre, mediamente) con tutto ciò che ne consegue dal punto di vista dell’esposizione a rischi climatici. In passato, in mancanza di moderne tecniche di vinificazione, si ovviava alla presenza abbondante di tannini della buccia con il blend con altre varietà, principalmente con il Montepulciano. Nelle ultime due decadi, sulla spinta della riscoperta da parte del mercato internazionale del valore degli autoctoni, si sono fatti numerosi investimenti al fine di ottenere vini in purezza da Nero di Troia di elevata qualità ed eleganza.
Re incontrastato della Dop Castel del Monte e di numerose altre Dop del centro-nord pugliese, il Nero di Troia è diventato assoluto protagonista nel 2011 con le due Docg ad esso dedicate: Castel del Monte Nero di Troia Riserva e Castel del Monte Rosso Riserva. Per le sue caratteristiche enologiche, il Nero di Troia potrebbe diventare uno dei protagonisti dell’enologia pugliese e di tutta l’Italia meridionale. Rispetto a Primitivo e Negroamaro, vitigni perfetti per fare sia vini rossi strutturati che rosati semplici e profumati, il Nero di Troia ha un corpo più fine e una caratteristica carica speziata che contribuisce a rendere questo vino interessante ed originale. Il Nero di Troia è un vino che si caratterizza per l’elevata tannicità, e la buona predisposizione all’affinamento. Spesso viene anche assemblato con vitigni più “morbidi” quali per esempio il Montepulciano. In purezza, il Nero di Troia potrebbe risultare un vino forte, imponente ma poco raffinato. In realtà i Nero di Troia nelle loro interpretazioni di qualità ed affinamento raggiungono la delicatezza e l’eleganza di alcuni Amaroni o Baroli.

Gli acini si presentano di colore scuro, con buccia spessa e compatta ricoperta di pruina.

Il vino che si ottiene da questa uva, al termine dell’affinamento, presenta un bel colore rosso rubino intenso giustamente tannico con tannini eleganti; austero, gusto speziato e di legno anche senza passaggio in barrique, con sentori di more e liquirizia

Le uve rientrano nel disciplinare di molte denominazioni come ad esempio: Puglia IGT Nero di Troia, Castel del Monte Nero di Troia Riserva DOCG e nelle DOC Barletta, San Severo e Castel del Monte.

I piatti in abbinamento al Nero di Troia sono a base di carne arrosto e primi piatti conditi con succulenti sughi. Formaggi a media stagionatura, selvaggina, agnello in agrodolce e zuppe di legumi lo trovano compagno ideale al pasto. Alcuni esempi di ricette tipiche in abbinamento sono la farona alla salvia oppure ripiena, l’arrosto di maiale al forno, l’oca in agrodolce, spezzatino con patate.

Nota di colore: pare che il vino ottenuto da questa varietà sia anche causa della cocente sconfitta subita dai cavalieri francesi ad opera dei 13 omologhi italiani guidati da Fieramosca nella Disfida di Barletta del 13 febbraio 1503. I nobili francesi, infatti, sottovalutando la forza degli Italiani, decisero di trascorrere le ore immediatamente precedenti la contesa in taverna a bere vino rosso di Barletta, ovviamente prodotto a partire dalla vinificazione di grappoli di Nero di Troia.