Il Nero Buono di Cori è uno di quei vitigni che cade nel gruppo dei dimenticati.

Prima di tutto è un’uva laziale, e, a tutt’oggi, il Lazio rimane, purtroppo, una delle regioni d’Italia che più fa difficoltà ad imporsi nel panorama nazionale anche a causa di un troppo lento processo di innovazione e di un non omogeneo orientamento ad una produzione di qualità.

Inoltre il Nero Buono viene prodotto in una piccolissima area della regione, nel comune di Cori, nella provincia di Latina, e la distribuzione e il consumo sono molto legati all’area di provenienza.

Nonostante ciò, e soprattutto grazie a quei produttori che vedono la rinascita enologica della regione a partire dai vitigni autoctoni, il Nero Buono è giá da anni in via di riscoperta.

Il vitigno ha origini sconosciute, ma sicuramente è coltivato nell’area sin dall’antichità. Il terreno collinare di origine vulcanica dei monti Lepini e il microclima, caratterizzato da correnti d’aria che riducono il rischio di peronospora a cui il Nero Buono è piuttosto sensibile, costituiscono le condizioni migliori per questo vitigno che quindi esprime al meglio la sua peculiarità in quest’area.

Tradizionalmente è spesso usato come vino da taglio, soprattutto nella DOC rossa dei Castelli Romani, tanto che a volte viene addirittura descritto come uva ‘colorante’ (usata nell’uvaggio per rinforzare il colore del vino) ma vari produttori ormai da anni gli lasciano libera espressione vinificandolo in purezza.

I risultati sono molto incoraggianti. Il vino che ne risulta presenta frutti di sottobosco, un buon corpo, una vivace acidità e un palato avvolgente. Il passaggio in barrique che alcuni produttori applicano fa apparire note speziate al naso e ammorbidisce i già vellutati tannini. Quando vinificato con passione il vino mostra una buona tendenza ad un elegante invecchiamento con lo sviluppo di note di liquirizia e cacao.

Forse il vino non presenta la profondità e il carattere di vitigni più famosi e blasonati ma sicuramente difende bene la schiera degli autoctoni di cui i produttori (e appassionati) d’Italia dovrebbero fortemente andar fieri, visto che rappresenta la nostra unicità.