Il Nerello Mascalese è un vitigno a bacca rossa autoctono della Sicilia, specificatamente della parte orientale dell’isola, le cui origini possono essere fatte risalire alla colonizzazione greca del VII secolo avanti Cristo, quando questo popolo iniziò ad occupare proprio le coste del Messinese e quelle calabre per poi insediarsi in tutto il Meridione. Il primo insediamento risale alla fondazione di Naxos nel 734, di Zancle nel 730 e di Catania nel 728. Qui i Greci importarono fra le popolazioni locali le talee provenienti dalla madrepatria e il culto di Dioniso dedicato proprio al vino, ed è proprio in questo contesto storico e in queste tre città che si può risalire all’origine del Nerello Mascalese, in cui successivamente le città di Mascali e Messina svolsero un ruolo fondamentale. Nonostante la mancanza di fonti storiche certe vista l’epoca, c’è comunque la sicurezza che il Nerello Mascalese sia da far risalire alla fondazione di Naxos, da dove poi si diffuse nel catanese e nel messinese, lasciando la zona del litorale per espandersi anche all’interno fino alle pendici dell’Etna, dove trovò in epoca romana i terreni vulcanici più adatti alla produzione del vino. Appartiene a questa area infatti la vinificazione dei famosi mamertini che emozioneranno dapprima i Dionigi di Siracusa per poi diffondersi in tutta la costa orientale e divenire un vino ricercatissimo e costoso con l’arrivo dei Romani.

Il Nerello Mascalese in particolare viene coltivato quasi esclusivamente nella zona di Mascali da tempo immemorabile su un terreno più volte ricoperto dalle colate laviche dell’Etna. Presenta grappoli cilindrici allungati, e dei chicchi di medie dimensioni dai colori molto chiari e medie concentrazioni di pruina. La sua maturazione è tardiva, addirittura nella seconda metà di ottobre. Viene chiamato anche Niuriddu Mascalisi. Una volta allevato ad alberello, negli ultimi decenni è stato spesso convertito al cordone speronato con ottimi risultati.

Il Nerello Mascalese viene utilizzato quasi esclusivamente alle pendici dell’Etna, nella Piana di Mascali in provincia di Catania e nella zona di Capo di Faro nella provincia di Messina. È la base della denominazione DOC Etna dal 1968 e una percentuale importante in quella Faro dal 1976. viene generalmente assemblato con il suo parente stretto, il Nerello Cappuccio che si presenta nel vino con un massimo del 20 per cento del taglio. Fornisce vini di un bel rubino granata negli invecchiamenti, molto frequenti per questo vitigno grazie al suo apporto acido. All’aumentare della presenza del Nerello Mascalese il vino veste toni arancio e mattone nell’affinamento. La gamma olfattiva è generalmente delicata e complessa, con aromi spiccati forniti dal territorio vulcanico dove viene coltivato. I colori sono comunque scarichi mentre l’alta acidità consiglia il consumo sempre dopo un dovuto invecchiamento, che porta questi vini a livelli molto alti, paragonabili ai borgognoni, con il vitigno che potrebbe giustamente entrare a far parte dei grandi nobili rossi mondiali. Caratteristici sono anche i tannini spiccati e ben presenti. Gli aromi sono comunque delicati e spaziano dal floreale della viola e delle rose ai fruttati rossi, fino ai sentori terziari dell’invecchiamento, toccati da note vanigliate. Non di meno il palato una volta affinato conserva tannini molto levigati, un gusto morbido e un equilibrio perfetto. I vini risultano comunque molto sensibili alle variazioni annuali, un’altra caratteristica da grande vitigno borgognone o piemontese.

Grazie al suo carattere, il Nerello Mascalese, si abbina bene con la selvaggina, le carni rosse ed i formaggi stagionati