Il Lambrusco di Grasparossa fa sempre parte della famiglia dei Lambruschi, del genere Vitis Vinifera, da non confondersi quindi con la Vitis Lambrusca americana da cui è invece vietato ricavare dei vini. È un vitigno a bacca rossa autoctono emiliano, indicato generalmente come Lambrusco in quanto i Romani indicavano generalmente le viti selvatiche spontanee che trovavano sui confini, detti labrum dei campi coltivati bruscum con la parola latina labrusca vitis, divenuta poi in italiano Lambrusco. In particolare il Lambrusco di Grasparossa è una delle sottovarietà della famiglia più importanti e rinomate, insieme a quello di Sorbara e il Salamino. Deve il suo nome alla colorazione rossa del suo graspo.

Il vitigno Lambrusco Grasparossa non è particolarmente vigoroso, e la colorazione rossa del graspo è dovuto proprio a questo fattore, con l’autunno che vede colorare di ramato anche i pedicelli e le foglie. In compenso ha un’ottima resistenza alle avverse condizioni climatiche e alle malattie. La maturazione è tardiva, e il vitigno sfrutta fino all’ultimo raggio solare prima dell’inverno. Il Lambrusco di Grasparossa si presenta con grappoli di medie dimensioni e lunghezze, a forma conica e densità a spargolo. Le bacche sono sferiche, di dimensioni medie con abbondante pruina sulle bucce spesse e coriacee dal colore blu tendente al nero. Producono un succo leggermente acidulo ma dolce. Le forme d’allevamento migliori sono quelle poco espanse, ed è favorito sui terreni poveri caratteristici delle colline in provincia di Modena. I terreni qui risultano asciutti, con due zone differenti indicate una come collinare e una come sub-collinare.

Il Lambrusco Grasparossa può essere vinificato sia in purezza che in assemblaggio con gli altri Lambrusco, particolarmente in riferimento alla sua bassa produttività che lo renderebbe un vino scarso. Può essere assemblato anche con il Fortana e il Malbo Gentile, ma sempre come vitigno predominante. Caratteristica comune a tutti i Lambrusco, anche il Grasparossa fornisce vini frizzantini o spumantizzati, in particolare veniva, sempre come i suoi parenti, prima spumantizzato con il metodo Champenoise della Champagne, che prevede la seconda fermentazione in bottiglia, e poi, a partire dagli anni 60 del Novecento, con il metodo Charmat, che lo ha reso meno interessante e molto più commerciale e produttivo. In questa versione il Lambrusco fu tra i più esportati negli Stati Uniti, ma di qualità nettamente modesta, tanto che a partire dagli anni 90, molti produttori hanno iniziato una rivisitazione dei metodi di lavorazione per abbassare la dolcezza e renderlo più secco ed elegante. Operazione abbastanza riuscita oggi con il Grasparossa, ma anche con il prezioso Sorbara e Salamino. Il vino del Grasparossa fornisce vini dai bei colori rubino profondo, con belle sfumature violacee che si rispecchiano anche sulla spuma e sulle lacrime lungo il bicchiere. Il vino ha una bella gamma olfattiva fruttata, profonda e fresca, con richiami costanti d’uva e mandorle. Il palato risulta ben equilibrato tra freschezza e sapidità, con un bel tono fruttato supportato da una discreta acidità. Il finale invece risulta leggermente amarognolo, ben strutturato. I gusti sono secchi e dissetanti, dal corpo pieno e persistente. In accompagnamento ai cibi si offre benissimo ai primi di carne, alla pasta al forno, agli arrosti, ma anche ad affettati e formaggi. Viene vinificato anche in tipologia amabile per essere servito con la pasticceria secca.