Il vitigno Falanghina deriva probabilmente da antichi ceppi greco-balcanici e sembra dovere il suo nome al suo portamento espanso, per cui tradizionalmente veniva legata a pali di sostegno detti “falanga”, da cui Falanghina,  ossia “vite sorretta da pali”. Il vitigno Falanghina era quasi stato abbandonato durante i secoli poi, essendo uno dei vitigni non attaccati dalla fillossera, è stato rivalutato e spesso viene allevato su piede franco. La sua coltivazione si estende su un’area pari al 5% dell’intera superficie vitata della regione Campania. Le zone a maggiore vocazione sono il Sannio Beneventano, i Campi Flegrei e la zona del Casertano. Rappresenta il vitigno base di molti vini di pregio della regione Campania: le tipologie monovitigno dei vini DOC Guardiolo, Sant’Agata dei Goti (anche passito), Sannio, Solopaca e Taburno,e la tipologia bianco del DOC.  Il Falanghina è utilizzato anche per la produzione di vini spumanti a denominazione di origine (Solopaca, Guardiolo, Sannio e Taburno).

La prima descrizione in epoca moderna risale al 1804 grazie agli studi di Columella Onorati, al secolo Nicola Onorati, uno dei tanti frati francescani che diedero il loro importante contributo all’ampelografia in tempi in cui la botanica era poco più che una scienza tramandata oralmente dai contadini.  Successivamente fu Giuseppe Acerbi, nel 1825, a descriverne le qualità come scrittore e viaggiatore, archeologo e musicista tutto fare, proveniente da una famiglia aristocratica di origine austriaca intimamente legata alla cultura. Nonostante non fosse un “botanico”, Acerbi fornì una delle descrizioni più dettagliate di questa splendida varietà, che fu base anche per il lavoro di Federico Corrado Denhart, del 1829, anch’esso molto completo ed accurato. Questi lavori furono di un’importanza straordinaria nell’ambito dell’ampelografia e la Falanghina entrò a far parte così dell’allora Orto Botanico Reale di Napoli.

Oggi questa varietà esprime aromi intensi e profondi, conferendo al vino un’eleganza che prima era annacquata da un pensiero di produttori di sola quantità.

I grappoli hanno forma conica, con elevata densità e compattezza, ben dotati di pruina. La pianta è vigorosa, e le sue rese sono nella media, costanti, con punte che arrivano anche ad essere abbastanza elevate nelle annate favorevoli.

Nell’Isola di Procida la Falanghina sembra esprimersi ancor meglio che sulla terraferma, e i vini dell’isola si fanno largo sul mercato italiano.

Matura dalla seconda metà di settembre, con buone rese. È un’uva dotata di una buona fertilità, resistente alla peronospora e più sensibile allo oidio. Dotata di una buona concentrazione di zuccheri e di un’acidità. Attualmente può essere categorizzata in due distinti cloni: il beneventano e il Flegreo.

Il vino prodotto con uve Falanghina ha un colore bianco paglierino, con riflessi verdognoli, un profumo gradevole, fruttato, sapore asciutto, fresco, vellutato, leggermente acidulo ma sempre delicato e speciale: pur variando la natura dei terreni ed il clima i vini mantengono sempre le migliori qualità organolettiche.