Il vitigno Scimiscià è un autoctono della Liguria ed era quasi del tutto estinto, ma grazie agli sforzi di alcuni lungimiranti produttori, se ne sono salvati alcuni filari, esclusivamente nella Val Fontanabuona, in provincia di Genova, nell’immediato entroterra di Chiavari e Lavagna. Nel 2003 è stato inserito tra le varietà raccomandate ed autorizzate per la regione Liguria. Il nome è di origine dialettale e significa “cimiciato” ossia puntinato, dalla presenza di piccoli puntini sull’acino (anche il pigato ha questo nome per lo stesso motivo, dal dialetto “picau” che significa puntinato). È un vitigno di origini antichissime e misteriose. La sua resa è molto bassa e le uve sono molto zuccherine. Da esso si ottengono per lo più vini secchi, anche se esistono prodotti passiti di straordinaria complessità. La scimiscià è una pianta mediterranea vigorosa, con ottima capacità di ancoraggio ad altre piante, come gli olivi, e a rocce. Come indica il disciplinare della D.O.C. Golfo del Tigullio-Portofino, il nome sembra derivare dalle punteggiature presenti sull’acino, che ricordano le punture di nutrizione della cimice, in dialetto detta simixa. I rami possono raggiungere la lunghezza di 1.5 metri e la pianta si adatta bene a terreni aridi e difficili. La produzione derivante la prima fioritura è piuttosto regolare, mentre l’apporto di uva di seconda fioritura è scarso.   Rispetto ad altri vitigni localmente coltivati quali Vermentino e Bianchetta genovese, la gradazione zuccherina e l’acidità dello Scimiscià sono normalmente superiori. Tuttavia il grappolo può essere affetto da alcune anomalie come scottature, imbrigliamento da parte dei viticci che condizionano la crescita regolare degli acini, sintesi parzialmente compromessa, difficoltà vendemmiali. Il grappolo compatto e la buccia sottile possono predisporre lo sviluppo di botrite (una muffa grigia) soprattutto a seguito di punture di vespe o altre ferite.   Nella seconda metà del 1800 la coltivazione della vite nel circondario di Chiavari era molto diffusa, definirne però la superficie risulta difficile, in quanto la coltivazione tipica del periodo era promiscua e la vite solitamente maritata ad olivi, gelsi, pioppi ed altri alberi. Il vitigno Çimixâ è stato largamente coltivato nell’entroterra genovese fin da tempi remoti.

Nei primi anni Sessanta, anche Luigi Veronelli ebbe modo di testarlo grazie a Marco Bacigalupo, uno dei pochi allora a possederne un vigneto, esaltandone le potenzialità. Poco conosciuto dal mercato vitivinicolo nazionale, è stato iscritto al Registro nazionale delle Varietà di vite, solo nell’ottobre 2003. Infatti, sono ancora in fase di studio le caratteristiche enologiche e l’identità ampelografica del vitigno, un lavoro avviato dal 1998 dalla Comunità montana Fontanabuona e dalla Provincia di Genova, isolando alcuni biotipi e mettendo a dimora alcune marze in tre diversi vigneti, al fine di verificarne il comportamento. In seguito, tutti i dati raccolti nel periodo che va dal 1998 al 2004, sono stati confrontati con quelli osservati presso altri vigneti posti nel comprensorio genovese, nella frazione di Zerli nel comune di Ne e nel comune di Leivi.

Le sue uve, adesso, possono anche contribuire al miglioramento di altri vitigni tipici del territorio, quali il Vermentino, la Bianchetta genovese e l’Albarola di Lavagna. L’aspetto ampelografico presenta una foglia medio-grande, pentagonale, pentalobata ed in alcuni casi trilobata. Il grappolo, nell’ambito dei rilievi eseguiti, si è riscontrato in due diverse tipologie: uno medio grosso, allungato e mediamente compatto, l’altro medio conico, compatto e con un’ala più ridotta. L’acino è generalmente rotondo, di colore giallo-verde, con la presenza, di punteggiature color ruggine, più intense nei grappoli meglio esposti al sole.

Da esso si ottengono fondamentalmente vini secchi, anche se risultano ottime anche alcune rarissime versioni passite. I vini secchi risultano, invece, piacevolmente fruttati con note agrumate, floreali, sentori olfattivi che conducono ad un  assaggio piacevolmente sapido. Non è affatto facile trovare in commercio vini ottenuti da questo vitigno, che pare sia prodotto solo da pochissimi. Il motivo è legato anche alla attuale scarsità di legno da propagazione maturo che possa essere impiantato su portainnesti americani, per cui ci vorranno alcuni anni prima di poter degustare scimiscià di aziende ed annate diverse.