L’Albarola, nota anche come bianchetta o bianchetta genovese, è un vitigno che risulterebbe originario della zona costiera dell’Alto Tirreno, ed ad oggi ne è ancora il suo territorio di diffusione. La zona da cui sembrano risalire le prime tracce è la Val Polcevera, di cui oggi ne è infatti uno dei vitigni base della DOC. Infatti nella zona di Val Polcevera DOC e la Riviera di Levante DOC, questo vitigno viene indicato come bianchetta, mentre a Levanto, nella zona di Sarzana, con la Colli di Luni DOC,  e nella riviera toscana viene indicato come albarola.

Questo vitigno in tutto il suo territorio esprime la sua massima espressione enologica nella zona delle Cinque Terre, dove fa parte dell’uvaggio dello Sciaccetrà, un vino passito molto rinomato da lunghe tradizioni storiche. Gallesio (1839) per esempio lo cita e ne fa un apprezzamento.

Il grappolo dell’albarola ha dimensioni medie o medio-piccole, ha forma cilindrica o conica e risulta abbastanza compatto. Il grappolo inoltre è piuttosto corto ed è munito di due o tre piccole ali. La buccia degli acini presenta la pruina, è abbastanza sottile e di un colore tra il bianco ed il verdastro. È molto adattabile anche ai vari metodi di allevamento, anche se la controspalliera è il metodo più utilizzato. Le potature più ricorrenti sono le miste, ma vengono utilizzate anche quelle medie o poco espanse. Segnala invece tra gli svantaggi nella coltivazione una forte sofferenza alla peronospora e ai problemi legati all’umidità, come il marciume e l’oidio. Questo lo obbliga ad essere coltivato con buone ventilazioni per asciugare eventuali botriti. Anche l’esposizione favorevole deve essere una delle condizioni d’allevamento.

L’Albarola viene usata quasi esclusivamente in assemblaggio in quanto non riesce a fornire vini di carattere, ma solo abbondanti quantità utili ad aggiungere “volume” ai vini. Il suo apporto è molto neutro, decisamente banale. Ma il suo supporto produttivo fa si che sia inclusa in quasi tutte le denominazioni liguri, tra cui la popolare Cinque Terre DOC. È presente formalmente anche nelle denominazioni della Toscana, ma poco impiegata nella realtà. In purezza i vini sono scarichi, sia nel calore, che negli aromi e nei gusti. Pallidi e verdolini, i vini sono generalmente erbacei ma per nulla aromatici. I gusti sono astringenti, con un corpo molto leggero e neutri nei gusti. Va bevuto molto giovane, con piatti molto semplici. Se si desidera un vino molto economico da bere tutti i giorni senza pretese, questi vini possono essere di conforto. L’unico supporto è quello alcolico, sfruttato anche in assemblaggio in particolare per lo Sciacchetrà in Liguria, per produrre potenti vini dolci. Viene usato spesso per tagliare il Vermentino. In Toscana è incluso nel Montescudaio, nel Candia dei Colli Apuani, nel Bianco Pisano di Torpè e nel Colli dell’Etruria centrale, anche se usato raramente e per non più del 10%.